Atto gentile

Un ragazzo cammina svelto lungo il corridoio del treno. D’un tratto con un lesto guizzo raccoglie un berretto caduto a terra e lo porge alla sua giovane proprietaria. La ragazza erompe in un “Grazie!” che riempie la carrozza, sottintendendo un sentimento misto di incredulità e gratitudine. Incredulità perché non si era accorta di aver perso il berretto, e perché il ragazzo non si era limitato a farglielo notare, ma aveva direttamente risolto il problema, riportandolo al luogo da cui era caduto: il suo grembo. Incredulità anche perché l’atto era stato totalmente gratuito. Incredulità, infine, per il pensiero di quanti atti gentili, in sé così semplici, potrebbero cambiare in meglio decine di giornate. Gratitudine perché chissà che fine avrebbe potuto fare quel berretto: magari aveva un valore – anche se non economico, sentimentale. Più tardi la ragazza, ormai scesa dal treno – nel frattempo ripartito – si sarebbe accorta d’averlo irrimediabilmente perduto. Nel corridoio del treno il berretto, da oggetto in sé innocuo, avrebbe anche potuto diventare dannoso, far inciampare qualcuno. Ebbene, tutti questi scenari catastrofici erano stati spazzati via da un semplice atto gentile d’un giovane sconosciuto, deus ex machina che con un tocco aveva riportato l’ordine nel caos primigenio, aveva ristabilito l’armonia in quest’angolo di cosmo. Tra noi forse esistono ancora discepoli di Maat, dea egizia dell’ordine e dell’armonia*.

*”Maat rappresentava il principio etico e morale che ogni egizio doveva seguire nel corso della sua vita; Maat era infatti parte integrante della società, garante dell’ordine pubblico” (https://it.wikipedia.org/wiki/Maat#cite_ref-:3_11-0).

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