Il gioco della seduzione: uno sguardo naïf su questo mondo a parte.

J. W. Waterhouse, Lamia. Fonte: http://oltreildipintoelastoria.blogspot.it/

L’amore, se esiste, è una cosa. La seduzione, che invece esiste di certo, è totalmente un’altra. In particolare, è un gioco, un game. Non da molto ho scoperto che se ti aggiri in club/discoteche/pub/similaria puoi essere decine di volte mentalmente etichettata da chi ti sta intorno con acronimi tipo HB (ovvero, hot babe, ragazza figa) e anche un relativo voto, che va dal 6 all’irraggiungibile 10 (10 sarebbe la SuperHB, la perfezione da modella, irraggiungibile nella realtà dato che il photoshop 3D ancora non l’hanno inventato). Questi giudizi “a priori” si basano ovviamente esclusivamente sull’aspetto fisico, sulla cura con cui ti sei agghindata, sul “fascino” che emani a pelle. Se per il soggetto osservante, però, non sei presentabile, verrai etichettata come UG, cioè come ugly girl, ragazza brutta, o addirittura come warpig, letteralmente “maiale da battaglia” (evviva la galanteria!). La ragazza diventa irrimediabilmente “oggetto”, mentre l’uomo che si aggira per il club, che osserva, che monitora la situazione, magari con l’immancabile drink tra le dita per darsi un tono (o, se siamo all’aperto, la sigarettina che fa sempre figo), è il soggetto indiscusso di ogni azione. Se sei in un gruppo di amiche, per lui fai parte di un set. Ho letto tremende descrizioni di set del tipo: “l’altra sera ho adocchiato un set da 3 (per fare prima, si può scrivere 3set), con una UG, una HB6 e una HB8″: le ragazze non hanno più un nome, hanno solo l’etichetta che definisce la loro “appetibilità”. Un set può essere ovviamente anche misto, se le ragazze sono già in compagnia di altri ragazzi.

Il soggetto che porta avanti queste analisi e questi giochi si chiama PUA, ovvero Pick Up Artist (in italiano, artista del rimorchio). Il PUA esperto calibra i suoi tempi in maniera perfetta; se ha tempo, si mantiene dapprima distaccato, dato che deve ancora scegliere il suo obiettivo; e, se è in un locale nuovo, prima di tutto lo studia, in modo da averne una mappa mentale, e studia anche le collocazioni dei vari set apribili. Sì, perché quando il PUA ha scelto un set, a un certo punto deve “aprirlo”, cioè attaccare bottone, approcciare con una o più ragazze che ne fanno parte. Per avere maggiore successo, però, dovrebbe fin dall’inizio avere in mente un target, cioè una ragazza-obiettivo, su cui focalizzare l’attenzione, in modo che lei si senta inequivocabilmente “agganciata”. Un PUA può avere un, o una, wing, ovvero una spalla che lo aiuti ad arrivare all’obiettivo tanto agognato (nella loro testa poi tipo compare una scritta luminescente coi led con scritto: “MISSION ACCOMPLISHED”!).

Bene: c’è gente che queste cose le sa fare naturalmente, sono quelli natural, che sanno gestire l’approccio con innata bravura; gli altri, semplicemente, studiano The Game. PUA, se non si nasce, si diventa. Altrimenti si rimane un AFC, un Average Frustrated Chump, ovvero un ragazzo impacciato con le donne. È questa la nuova frontiera del libertinaggio: perché, certo, i PUA più o meno esperti non escono certo per trovare l’amore della loro vita. Vanno nei club per giocare, per fare play in un certo game con una certa ragazza. E proprio come in un videogame, ci sono diversi livelli che si possono raggiungere: il livello più scarso si chiama @close, ovvero l’ottenimento dell’indirizzo email, o comunque di un contatto online, da tutti considerato poco utile; il primo livello interessante, invece, è il #close, ovvero l’ottenimento del numero di cellulare; livello successivo, *close o k-close, ovvero il bacio, o, come ho letto da alcuni, l’ottenimento della lingua (manco gliela dovessero tagliare come trofeo la lingua a ‘ste ragazze oh!); livello più alto, e inesorabilmente ultimo, il celebre f-close, ovvero l’happy ending con l’atto sessuale. Esiste anche il bridge-close, ovvero, l’ottenimento di un appuntamento, definito day2 (da notare che non esistono day3, day4, day5: solo il day2, quindi quello che deve succedere, se non è successo al primo incontro, deve succedere al primo appuntamento). 

Il segreto di questo gioco? La pazienza. Perché non ci sono mezze misure: o si arriva al dunque subito (ONS, One Night Stand, un affare immediato di una notte sola dopo il primo incontro), o possono passare settimane, o anche mesi. Sì, perché è tutto un gioco di tattiche e strategie, molto mentale, oltre che fisico. Soprattutto se si protrae per mesi, diventa mooolto cerebrale, e se non si regge la sfida o non si conoscono le regole, quasi sfibrante. È anche un gioco di resistenza, come un vero proprio videogame: mai abbassare l’attenzione, o perdi punti, rischi di avvicinarti al game over

Qual è il rischio di tutto ciò? Gli uomini “PUA” (a volte, verrebbe quasi da chiamarli PUAH, ma solo così, per assonanza…) non hanno molto da perdere da un game over, insomma da un rifiuto, se non in termini di reputazione (per quello spesso cambiano location per i loro games, così hanno meno testimoni possibile), ma hanno i loro trucchi. E le donne? Le donne non dovrebbero mai illudersi: si scopre, nel gioco di conversazione con un tizio simile, che tutto rimane molto in superficie, gli argomenti non lo interessano veramente, ma gli interessa il GIOCO, gestire il famigerato GAME, e, soprattutto, rimanere COERENTE (e non molti sono in grado di farlo, molti vanno un po’ in banana, ma sta alla ragazza capire cosa sta succedendo per “colpirli e affondarli” oppure continuare a stare nel gioco senza capire di esserlo). Di volta in volta, di sera in sera, di locale in locale, si possono scegliere game più facili o più difficili, a seconda dell’occasione ma anche a seconda del frame del giorno: il frame è l’umore, la predisposizione dell’uomo in quel momento, e può avere un frame più “romantico” o più “sensuale” e via discorrendo. 

Nulla è lasciato al caso, ovviamente, neanche le battute da copione da recitare per aprire i set, chiamati Opener.

Come ogni gioco di società (gioco delle parti), richiede conoscenza della teoria e pratica, oltre che un certo talento.

A questo punto, potete constatare quanto può diventare elevato il livello di viscidità dei PUA, dato che se sono bravi sono capaci di aprire e gestire più giochi contemporaneamente. Ma vorrei spezzare una lancia in loro favore, dato che alla fine tutti siamo qui su questo palcoscenico della vita per recitare una parte, da uomini o da donne: un PUA è sempre elegante, gentile, mai invadente, rispettoso. Con un PUA bravo (professionale…) ti senti a tuo agio (quasi) fin da subito, e (quasi) fino alla fine. Ti rispetta. Un PUA rispetta tutte le donne, che siano suo target o meno. Quindi, passare del tempo a giocare con un PUA può portare anche a levarsi qualche soddisfazione in termini di divertimento, impari anche tu a giocare.

Ma attenzione: qui si parla, solo ed esclusivamente, di GIOCARE. E, come ogni gioco, ha uno START e un FINISH. Il FINISH può arrivare previsto o meno, dato che, se il PUA è leale, è concordato; se è meno bravino a gestire la cosa, si può risolvere in un “YOU ABANDONED THE GAME” (abbandonare il gioco), di punto in bianco. Il perché? Forse perché il gioco-con-HB-la-Simpatica-ma-un-po’-cagacazzo-che-vorrebbe-attenzioni-solo-per-lei-24h-su-24 è diventato noioso, o solo poco divertente. O obsoleto. Il nuovo sistema operativo non lo supporta più: EJECT, si butta via.

Insomma, c’è chi gioca a Game of Thrones e c’è chi gioca al Seduction Game; ragazze, non vorrei deludere le vostre aspettative, ma anche il coinvolgimento emotivo è in pratica lo stesso. Rapportarsi con un PUA può essere molto entusiasmante e stimolante, ma spesso sembra di parlare con dei robot, perché tendono a calcolare e soppesare ogni minima reazione e parola (e a volte, a distanza di tempo, si ripetono anche… questo è un FAIL tremendo). Insomma, sembra di stare con uno che recita a tutt’andare un copione di un film (a volte, non avevo neanche capito molto bene il filo del suo discorso, che era talmente artefatto che non aveva un vero senso, ma ero talmente infrittellata  e con gli occhi a cuoricino che ho lasciato correre come se niente fosse). E, se per certe situazioni a questi qua non viene in mente la tattica apposita o la pagina del manualetto, c’è il rischio della materializzazione delle balle di fieno che rotolano nel deserto.

Infatti, spesso, un PUA è o bianco o nero, o prolisso e ti riempie delle fighissime avventure della sua vita (fake al 50% minimo), oppure è uno un po’ insicuro per cui tra te e lui potrebbero intercorrere lunghissimi momenti di silenzio in cui ci si guarda nelle palle degli occhi senza fare niente (a meno che non si cominci a fare qualcosa, come diversivo).

In ogni caso, lo scopo del gioco di un PUA è stabilire un contatto con te, rendersi interessante ai tuoi occhi, far capire che nella sua vita un posticino per te sul momento c’è, e coinvolgerti nel GAME. Sta a te decidere se per lui il game è subito over o se dargli corda per più o meno tempo. L’importante è sempre essere consapevoli che di gioco si tratta e gioco rimane. Non fate come me che da brava campagnola inizialmente non capivo nulla di sta roba ed ero semplicemente ammirata dal savoir-faire di certuni. A volte avevo quasi voglia di fare loro un applauso: veramente bravi, 30 e lode, ola e bacio accademico. Insomma, care HB, siate consapevoli che, molto spesso, l’entrata in un club coincide con lo START THE GAME: abbiate anche voi le vostre strategie e le vostre tattiche alla mano, perché probabilmente chi vi ritroverete davanti non sarà certo uno stupido, anzi. Insomma, cercate di fare il vostro gioco, senza farvi abbindolare dalle mosse psicologiche più o meno subdole che mirano a farvi entrare, più o meno volontariamente, nel GAME.

E ricordate che questo, come per ogni gioco che si rispetti, si svolge su un piano ALTRO rispetto a quello della vita reale. Quindi considerate che sarà molto difficile tentare di inserire un PUA nel vostro contesto di vita reale e familiare, perché, semplicemente, ciò non fa parte del gioco, del suo gioco.

Insomma, se avete voglia di giocare, di entrare in questa versione 2.0 delle Relazioni pericolose di Laclos, agghindatevi e andate per disco a cercare altri players. Invece, se non avete tempo per seguire tutto ciò, se non avete voglia di essere definite HB in qualche Field Report (ovvero, “racconto dal campo”, per dirla più terra terra: racconto delle performance di una sera di un PUA), se cercate un vero uomo, forse è meglio dedicarsi ad altre attività e buttarsi nella vita reale: scoprirete che spesso gli esclusivi club/night/disco sono solo anonimi parcheggi per rimorchiatori.

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